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Torino Film Festival: premio per il rispetto delle minoranze e la laicità

Giuria del premio per il rispetto delle minoranze e la laicità

Dopo un anno di forzata assenza nella scorsa edizione, svoltasi solo a distanza attraverso la “rete”, è tornato all’interno del Torino Film Festival il “Premio per il rispetto delle minoranze e per laicità” assegnato dalla Giuria Interfedi.
Il riconoscimento, istituito nel 2013 per iniziativa della Chiesa valdese e della Comunità ebraica di Torino, con la partecipazione del Comitato Interfedi della Città di Torino, mira a premiare e portare all’attenzione film che contribuiscono a dare voce a ogni minoranza, a promuoverne il rispetto, il riconoscimento dei diritti, l’integrazione, il superamento delle discriminazioni e che affermano i valori della laicità, della cultura della tolleranza, dell’autonomia, della libertà e della responsabilità individuali.
Nel corso del 39° Torino Film Festival, tenutosi dal 26 novembre al 4 dicembre di nuovo in presenza nelle sale cinematografiche, la Giuria Interfedi, che era composta da Samuele Sbaffi, in rappresentanza della Chiesa valdese, Irene Paloma Jona, designata dalla Comunità Ebraica, e Walter Nuzzo, per il Comitato Interfedi, ha premiato il film “Lingui” del regista ciadiano Mahamat-Saleh Haroun, già presentato quest’anno al Festival di Cannes e premiato a quello di Amburgo, che mette in risalto la condizione di sudditanza e ingiustizia subita dalle donne in ancora troppe parti del mondo.

Otto quest’anno i titoli in concorso, di sette diversi paesi, due italiani, molto eterogenei tra loro, dal pregevole film di animazione “La traversée” sul tema delle migrazioni, al documentario “C’è un soffio di vita soltanto” sulla ultranovantenne transessuale Lucy Salani, al grottesco “Le bruit des moteurs”, ai drammatici “La chica nueva” e “Between two dawns”, entrambi legati ai problemi del lavoro, il secondo vincitore del concorso principale del TFF.

“Lingui”, parola che significa legami sacri, di sangue, sarà nelle sale cinematografiche italiane nella prossima primavera con il titolo di “Una madre, una figlia” a richiamare i due splendidi personaggi femminili e femministi protagonisti del film, insieme alla realtà ed ai luoghi della periferia di N’djamena, capitale del Ciad.
Amina, mamma single, ripudiata dalla famiglia e che vive vendendo cestini costruiti con materiale recuperato dai copertoni, vede ripetersi la propria esperienza nella figlia quindicenne Maria, incinta, che vuole abortire nonostante la religione islamica e la legge lo proibiscano.

Nella motivazione con cui ha attribuito il premio, la Giuria ha sottolineato il merito del film nell’”essere mirabilmente riuscito a rappresentare la realtà delle donne nel contesto sociale di un paese centroafricano, ponendo in particolare l’attenzione sui temi dell’aborto, della violenza, della libertà di decisione sul proprio corpo, dell’intolleranza e dell’estremismo religioso, contrapposti al positivo ruolo della protagonista nella creazione di legami comunitari”.

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