Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non dà frutto, lo toglie via; e ogni tralcio che dà frutto, lo pota affinché ne dia di più. (…) Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto; perché senza di me non potete fare nulla.
Giovanni 15, 1-2.5
Per l’ennesima volta nel Vangelo di Giovanni, Gesù usa l’espressione «Io sono». «Io sono la vera vite», dice Gesù ai discepoli che sono tristi e stanno perdendo ogni speranza nel futuro, a forza di sentire gli annunci sull’ora della sua morte. Con la morte del Maestro, i discepoli si troverebbero soli, i loro sogni infranti. Ma Gesù dice: «Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto». Ai discepoli che pensano alla separazione, Gesù parla della sua relazione con loro usando l’immagine della vigna, che nell’Antico Testamento indica la relazione d’amore tra Dio e il suo popolo. Israele è la vigna di Dio a cui Egli dedica ogni cura aspettandosi dell’uva buona, ma questa vigna produce uva selvatica. Ciò permette di fare due considerazioni.
In primo luogo, Dio ha stabilito in Gesù Cristo una nuova relazione con l’umanità piantando la sua vigna in Lui, la vera vite che nutre i tralci, cioè i credenti, con la linfa della sua Parola. Come un buon vignaiolo, Dio si prende cura dello sviluppo della sua vigna togliendo i tralci improduttivi e potando quelli che danno frutto, affinché siano più produttivi. La questione posta da Gesù non riguarda quindi il vignaiolo, che fa benissimo il suo lavoro, ma i tralci, e quindi non tocca il comportamento di Dio, ma quello del discepolo, chiamato a rimanere radicato in Cristo e nella sua Parola. È questa la sfida per il credente: rimanere in Cristo per portare frutto alla gloria di Dio. Ciò riguarda il legame permanente del credente con Cristo, la fioritura della vita spirituale a lungo termine, la fedeltà nella vita di fede anche nei momenti di tempesta e di oscurità, in cui la fede è messa a dura prova.
In secondo luogo, l’immagine della vite rimanda ai legami di fratellanza tra i credenti. La vita di fede appare così come la circolazione della linfa da Cristo (la vite) verso i credenti (i tralci), e tra gli stessi credenti. Gesù ci dice che siamo legati a Lui da una relazione d’amore, che Dio ci ha manifestato attraverso la morte in croce e la risurrezione, e che questa relazione con Dio implica una relazione con gli altri. Gesù si propone come la vite “vera” che non delude, solida, attraverso cui costruire la propria vita e i rapporti con gli altri. Ogni tralcio che non porta frutto, Dio, il padrone della vigna, lo taglia. Questa parola può colpirci, ma descrive la conseguenza logica di una fede sterile, poiché non esiste una via intermedia: o porta frutto o non porta frutto.
Jean-Félix Kamba Nzolo
Illustrazione di Silvia Tartara
Meditazione pubblicata sul numero di maggio 2023 del Piccolo Messaggero, il bollettino delle Chiese valdese e battiste dell’area torinese. Chi fosse interessato a riceverne copia in PDF via email può farne richiesta a segreteria@torinovaldese.org.