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Cinque donne per la vita e la libertà

max cambellotti

«Io l’ho tirato fuori dalle acque…» (Esodo 2, 10 )

Per mezzo di cinque donne, Dio capovolge una situazione di morte in una storia di vita e nell’inizio della liberazione del popolo. Il popolo d’Israele è ridotto in schiavitù da un faraone che non ha conosciuto Giuseppe. Le città di Pitom e Rames, che Giuseppe aveva istituito come granai per il tempo della carestia e che avevano nutrito l’Egitto e la famiglia di Giacobbe, sono diventate un luogo di amara oppressione per il popolo d’Israele. Il nuovo faraone teme che la crescita del popolo d’Israele sia una minaccia e la sua decisione di opprimerlo sfida apertamente le promesse di moltiplicazione di Dio e la sua benedizione, secondo la quale il popolo d’Israele sarebbe diventato una benedizione per gli altri popoli. Sono due donne, le levatrici Sifra e Pua, le prime a imbrogliare il faraone: gli disubbidiscono perché temono Dio. Che cosa dice Dio alle due donne? Non lo sappiamo. Sappiamo però che Dio ha promesso ai padri che il popolo si sarebbe moltiplicato, che lo avrebbe protetto e non lo avrebbe abbandonato. Le due donne obbediscono alle promesse di Dio e diventano lo strumento di salvezza del popolo facendo responsabilmente il loro mestiere di levatrici e pensando con la loro testa. Altre tre donne agiscono contro la volontà del faraone. In un contesto di brutale violenza, nel quale ogni bambino viene gettato nel fiume, la madre di Mosè, la sorella di Mosè e la figlia del faraone salvano il bambino e iniziano così una storia di vita e di liberazione, che vanificherà la volontà distruttrice del faraone. Dio trasforma il fiume, diventato uno strumento di morte in cui il faraone aveva ordinato di affogare ogni maschio, in uno strumento di vita: il luogo dove la figlia del faraone vede il bambino adagiato nel canestro che piange e ne ha compassione. La madre del piccolo, vedendo che il bambino è bello, si fa coraggio e lo nasconde nel canestro; la figlia del faraone riconosce nel bambino un figlio degli ebrei, ma anziché ignorarlo e lasciarlo morire ne ha compassione; la sorella del bambino agisce con sagacia e prontezza e, prima ancora di essere interpellata, suggerisce alla figlia del faraone una balia che altri non è se non la madre del bambino stesso. Tre donne mosse da amore, compassione, sagacia e coraggio: tre donne nelle mani di Dio che trasforma il fiume in uno luogo di salvezza; una situazione di morte nell’inizio del cammino verso la libertà. Dio trasforma una situazione di morte in una storia di vita e di libertà. Questo è il messaggio di Natale ed è il compito che Dio ci richiede: prendere sul serio i doni che Egli ci ha dato, affinché diventiamo strumenti per promuovere la vita dei più esposti e affermare la libertà del nostro prossimo.

Alessandro Spanu, pastore battista a Torino

Illustrazione di Max Cambellotti

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