“Or come si riuniva gran folla e la gente di ogni città accorreva a lui, Gesù disse una parabola: un seminatore uscì a seminare la sua semenza…”
Luca 8, 4-8
Meno male che il seminatore uscì a seminare. Se non lo avesse fatto la terra sarebbe rimasta sterile. Ma Dio, appunto, semina e l’Evangelo viene sino a noi!
Meno male che il seminatore non è tornato indietro vedendo che la terra era poca, meno male che non ci ha ripensato considerando le spine e le pietre. Ma appunto, Dio non si scoraggia, non si spaventa, non rinuncia a seminare. Eppure avrebbe mille motivi per non seminare più, per decidere di rinunciare alla sua semina. Cos’è cambiato nel mondo in questi due millenni trascorsi dai giorni di quella parabola? Le resistenze di allora sono le resistenze di oggi, e l’occidente cristiano non è, proprio non è, più buono di altre regioni del mondo. Non c’è meno male nel mondo, né meno peccato, né meno sofferenza. Avrebbe potuto stancarsi il Signore di seminare. Eppure… “un seminatore uscì a seminare!”. Contro ogni ragionevolezza, più pervicacemente delle resistenze che il terreno oppone, Egli uscì a seminare, e non si è più fermato. Questo è davvero l’Evangelo: Dio non si è ritirato ma esce e semina: ci dà la sua parola. Questa Parola al tempo stesso umana eppure parola di Dio, questa parola che può essere accolta o rifiutata, che può mettere radici o non metterle, Egli la semina, continua a seminarla, e in Cristo pianta la sua parola di salvezza nel cuore dell’umanità, nella sua carne, nella sua storia. Il suo regno che non è di questo mondo è seminato nel mondo perché il mondo creda.
In secondo luogo la parabola ci dice che non soltanto Dio semina, ma semina dappertutto. “Una parte della sua semenza cadde lungo la strada…, o sulla roccia…, o in mezzo alle spine…, o in un buon terreno”.
Dio non sceglie un terreno specifico, quello buono, non si cura solo del suo piccolo e fertile appezzamento, Dio semina ovunque. Da parte sua è come se tutto fosse buona terra. Dio ci tratta così, come un terreno che può ricevere semenza. C’è una pazzia nella seminagione di Dio che consiste nel credere che tutti, proprio tutti, possano accogliere la parola e la speranza seminata. Dio semina ovunque con la stessa abbondanza. E’ un ingenuo il nostro seminatore? E’ un contadino incapace il nostro Dio? Uno che spreca la semenza? No, non la spreca ma la dà in abbondanza, proprio come dice l’apostolo Paolo che la grazia sovrabbonda dove il peccato abbonda. Dio semina dappertutto e la semina è per tutti. Non ci sono confini, né terreni privilegiati, la Sua parola può arrivare ovunque e vuole considerare con amore ogni creatura, ogni terreno, ogni zolla, ogni pietra, ogni rovo.
Perché non proviamo a corrispondere a questo seminatore generoso che ovunque diffonde la sua semenza, senza chiusure preconcette, senza decidere noi dove vale la pena e dove no. Può darsi che molte siano o sarebbero forze sprecate, parole al vento, o meglio ai sassi, che non mettono radici, o parole ai rovi, parole ed energie soffocate. Ma se il seminatore della parabola fosse stato come noi, attento, avaro di speranza e di amore, il mondo non avrebbe salvezza, saremmo perduti. Ma grazie a Dio la semenza è seminata ovunque, a tempo e fuor di tempo, a proposito e a sproposito, senza risparmi, senza avarizia. E per tutti, davvero per tutti, Cristo è morto ed ancor più è risuscitato e intercede per noi (Romani 8,34). Grazie, Signore, per la Tua semina!
Maria Bonafede
La meditazione è pubblicata sul numero di marzo del Piccolo Messaggero, il bollettino delle Chiese battiste e valdese dell’area torinese (chi fosse interessato a riceverne copia in PDF via email può farne richiesta a redazione@torinovaldese.org). L’illustrazione è di Silvia Tartara.