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Non temere: Dio ci accompagna tra tribolazione e costanza

 “Non temere, io sono il primo e l’ultimo, e il vivente”
Apocalisse 1, 9-18

L’autore del libro dell’Apocalisse appartiene alla cosiddetta scuola teologica di Giovanni e per questa vale ancor più il fatto cioè che la Bibbia – nome che in greco significa “i libri” – in realtà sia anche e soprattutto UN libro. Perché essa è coerente ed organica.
Prendiamo il nostro passo, che si presta bene per apprezzarne la coerenza: il termine “figlio d’uomo”, la veste lunga come quella che portava il sommo sacerdote, la cintura d’oro dei re d’Israele, i capelli bianchi e gli occhi come fiamma, i piedi come bronzo incandescente e la voce come fragore d’acque sono tutte espressioni e citazioni prese dall’A.T.
Perché è importante notare che il libro della Bibbia è coerente ed organico? La risposta è semplice: o perché qualcuno, ancor meglio alcuni, estremamente abili e lungo le generazioni, hanno fatto un lavoro di redazione incredibilmente profondo… Cosa evidente e che in sé che non deve allarmarci… Oppure anche perché la Bibbia è la testimonianza dell’opera di un Altro, che si chiama storia della salvezza, e che è stata registrata per mezzo e nonostante chi materialmente l’ha messa per iscritto e finanche editata.
Tornando al nostro passo, esattamente come Paolo quando scriveva a Filemone da vecchio ed in carcere, abbiamo anche qui una persona tribolata ed in esilio che trova il tempo per pensare ai suoi fratelli e alle sue sorelle. E che ci ricorda, come spesso fa la Bibbia, che il regno per il quale tutte e tutti siamo servitori sta tra la tribolazione da una parte e la costanza dall’altra.
Per questo ritorna l’esortazione con cui il Signore si rivolge ai suoi servi ed alle sue serve nell’organica e coerente Bibbia: “Non temere…”
Detto da uno che dice di essere “il primo e l’ultimo”: la nostra guida, dall’inizio alla fine, quando entri e quando esci, guidati davanti e scortati alle spalle da uno che è “il vivente” e che tiene le chiavi della morte e del soggiorno dei morti.
Mentre attraversiamo ogni tribolazione, ogni deserto e anche la valle dell’ombra della morte, è il vivente, colui che ha divelto la grande pietra del sepolcro, a darci la sua forza.
E quei suoi occhi come fuoco e quella parola come spada a due tagli di profetica memoria illuminano e fortificano e difendono tutte e tutti noi che come singoli e come chiese siamo simili ai candelabri del testo.
Candelabri che da soli non possono accendersi né illuminare, ma che se accesi da quella fiamma e difesi da quella spada, diventano l’immagine del nostro scopo e del nostro servizio.

Stefano Fontana, pastore battista a Torino

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