La Chiesa come un corpo umano

«Poiché, come il corpo è uno e ha molte membra, e tutte le membra del corpo
benché siano molte formano un solo corpo, così è anche di Cristo.
Infatti noi tutti siamo stati battezzati in un unico Spirito
per formare un unico corpo, Giudei e Greci, schiavi e liberi;
e tutti siamo stati abbeverati di un solo Spirito».
(1 Corinzi 12, 12-13)

L’apostolo Paolo usa l’immagine del corpo per parlare della Chiesa, con particolare riferimento alla Chiesa locale. Con questa immagine l’apostolo indica i legami di fraternità che uniscono i membri di Chiesa tra di loro e con il Cristo. Tuttavia, come il corpo umano la Chiesa può soffrire nelle sue membra.

La Chiesa di Corinto come descritta fin dall’inizio dell’epistola pare imperfetta, dilaniata da divisioni, invidie, sofferenze dei più deboli della comunità. Una Chiesa in cui contavano di più le diversità a danno della comunione fraterna.
Paolo usa l’immagine del corpo umano, costituito da un insieme di organi, come paradigma per la sua concezione della Chiesa. Come il corpo ha bisogno della diversità di molte membra, così ogni singolo membro ha bisogno di altre membra per espletare la sua funzione come parte del corpo.

La fede non esclude la singolarità della persona, ma non si esaurisce nella sfera individuale. Il battesimo ci incorpora a Cristo nella stessa misura in cui ci incorpora agli altri membri di Chiesa per formare un unico corpo, le cui singole membra assolvono funzioni diverse e complementari, tutte destinate all’edificazione di quel corpo, alla sua crescita, alla sua visibilità nel mondo come organismo vivente nella fede, nella speranza e nell’amore.

Ai cristiani di Corinto che accordavano più importanza alla mente, alle realtà intellettuali e spirituali, piuttosto che alle realtà del corpo, alla sfera fisica, Paolo, con l’immagine del corpo indica la comunione fraterna come via d’uscita dalle divisioni. Il corpo, la Chiesa è la comunione dei membri la cui unità è fondata sull’unità di ciascuno con Cristo.

La comunione fraterna nella quale siamo chiamati a vivere passa attraverso la consapevolezza di appartenere a un unico corpo, la Chiesa, e vive nel servizio che tutti i membri, con gli stessi diritti, e nella diversità dei loro doni, svolgono per l’edificazione reciproca.

Jean-Félix Kamba Nzolo, pastore valdese a Torino

Fotografia di Elisabetta Ribet

 

Meditazione pubblicata sul numero di marzo 2025 del Piccolo Messaggero, il bollettino delle Chiese valdese e battiste dell’area torinese. Chi fosse interessato a riceverne copia in PDF via email può farne richiesta a segreteria@torinovaldese.org.

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