Mi sono chiesta come sarà la Chiesa dopo quasi due mesi di lontananza, di culti video-ripresi, di inattività, di incontri mancati. Un tempo di attesa, di riflessione, di sommari bilanci. Condivido qualche pensiero con la comunità.
Mi siete mancati, fratelli e sorelle, mi è mancato l’incontro domenicale per il culto, lo scambio di saluti e di notizie, predicare e “sentire la tensione che comunica nel silenzio dell’ascolto” che ogni tanto, se Dio vuole, diventa tangibile. Avevamo appena fatto nelle tre sedi un incontro per dirci cosa migliorare nel nostro culto, come renderlo più partecipato, più ricco di voci, e di canti noti e di canti nuovi. Ci siamo interrogati sulla nostra appartenenza alla comunità tante volte sporadica e distratta, un po’ asfittica … e, di colpo, ci siamo dovuti fermare.
Ci avete pensato? La riflessione è stata bloccata appena nata. La necessità ci ha fermati e chiuse in casa. Questa sosta forzata mi è parsa anche un tempo opportuno per darci spazio e libertà di guardarci dentro a fondo e per decidere, col sostegno della preghiera e del silenzio, come possiamo e vogliamo riprendere.
Posso cambiare qualcosa nel mio rapporto con il Signore e con la mia comunità, posso fare una cosa, anche piccola, che non avevo fatto prima, che non mi era venuta in mente e che oggi vedo possibile? Cosa so fare che posso mettere a disposizione degli altri, del prossimo vicino e lontano, della comunità: la capacità di ascoltare o di parlare o di scrivere, quella di cantare o quella di cucinare. Oppure di organizzare un incontro o di mettere in ordine, quella di fare un piacere concreto, utile a chi ne ha bisogno, un piccolo lavoro, di qualunque tipo. Ti intendi di contabilità? C’è bisogno di te. Hai dimestichezza con i più piccoli, sai raccontare e cantare? C’è bisogno di te. Sai fare la spesa per un pranzo numeroso e raggruppare un gruppetto di amici ed amiche e preparare un’agape? C’è bisogno di te. Non ti viene in mente una cosa, ma il piacere di stare insieme sì? C’è bisogno di te, di me, di tutti e tutte noi per dire con le parole e con i fatti, con la presenza, con il servizio, con il cuore, l’intelligenza, con le mani e con i piedi, che l’amore di Dio in Cristo ci consente di gioire con chi è nella gioia, di piangere con chi piange, di invitare ad entrare i tuoi amici e le tue amiche, di edificare la comunità, di raccogliere l’invito al culto in tanti. Il futuro di questa Chiesa, della nostra Chiesa valdese a Torino dipende dal Signore, ne abbiamo piena coscienza, ma c’entra con la nostra fede, con il sostegno che le sapremo dare, con la consapevolezza e la determinazione con cui porteremo le nostre domande e le nostre speranze al suo interno e non soprattutto altrove. Non possiamo più dare per scontato che ci sia sempre a prescindere da me, da noi e che sia un luogo cui altri provvedono e in cui trovo, quando mi serve, ciò che mi occorre.
Non vorremmo provare mai più, proprio mai più, il senso di solitudine vissuto nei culti disertati di quando avremmo potuto venire come volevamo, a piedi, in autobus, in auto, in bici e senza paura della vicinanza. Una comunità non è più tale se non sente il bisogno di vivere e dire, anche con la sua consistenza, che è riconoscente al Signore perché gli appartiene e perché in Cristo apparteniamo anche gli uni agli altri, alle altre e siamo una cosa sola in Cristo. L’appartenenza a Cristo ci dà la libertà e la forza di cambiare tanto, e, se necessario, tutto perché ”Tutto è vostro, dice l’apostolo Paolo, la vita, la morte, le cose presenti e le cose future, tutto è vostro, e voi siate di Cristo e Cristo è di Dio” (I Corinzi 3, 22-23). Diciamo ciò che non ci piace della nostra Chiesa e proviamo a guadagnare insieme un nuovo assetto; ci sentiamo estranei ad un sistema-chiesa imbrigliato in un’organizzazione che non corrisponde più alle necessità che vediamo? Parliamone senza la paura di essere giudicati, senza moralismi. Ma parliamoci con amore e gentilezza, con umiltà e zelo, senza sopraffarci, senza voler vincere a tutti i costi, ma senza rinunciare a spiegarci e senza paura di cambiare e di affrontare i problemi (cfr. Romani 12, 9-21).
Dunque, cara comunità, riprendiamo il nostro cammino
Maria Bonafede