Tutti i pubblicani e i peccatori si avvicinavano a lui per ascoltarlo. Ma i farisei e gli scribi mormoravano, dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Luca 15, 1-2
Il tavolo dove si mangia è nel giudaismo il luogo del rendimento di grazie a Dio per il cibo di cui ci si nutre, ma è anche un luogo della separazione attraverso i riti di purezza e le regole alimentari. Gesù dunque supera questa separazione, tra puro e impuro, facendo di questo luogo di esclusione un luogo di incontro e della condivisione, dove c’è solo il trionfo della gioia. Ai farisei e agli scribi che lo criticano per il fatto che accoglie i pubblicani, gente malfamata, e i peccatori, condividendo il cibo con loro, Gesù risponde con le parabole della pecora smarrita e della moneta perduta, che descrivono lo scopo principale della sua missione: egli è venuto nel mondo per cercare l’essere umano che si era allontanato da Dio a causa del peccato per ricondurlo sulla strada del regno di Dio. L’accoglienza incondizionata e la commensalità sono gli aspetti della diaconia di Gesù, che mette al centro l’essere umano e il suo bisogno, ed è solo questo che conta e niente altro.
Ogni generazione ha i suoi pubblicani e i suoi peccatori, e anche i suoi benpensanti che, come i farisei e gli scribi, si rapportano alle persone, alle situazioni, e agli avvenimenti, in base a un codice o a una legge. Gesù usa invece il criterio dell’amore accogliente di Dio. A guardare bene, Gesù si intrattiene non con i peccatori ma con vittime di un giudizio legalistico e vittime del rigetto da parte del loro stesso popolo. In altre parole, Gesù si intrattiene con gli emarginati dalla religione e dalla società. Lo scopo della sua missione è anche quello di raccogliere ciò che i difensori della religione e della legge avevano perduto, o meglio escluso e emarginato.
L’atteggiamento di Gesù deve interrogare le nostre coscienze e ispirare il nostro senso di accoglienza. Molto spesso, le identità di gruppo vengono definite in opposizione a ciò che non siamo: sappiamo chi siamo solo quando sappiamo chi non siamo, e spesso solo quando sappiamo contro chi siamo. Anche noi, nelle nostre idiosincrasie abbiamo una mentalità classista; siamo abituati a dividere le persone in categorie opposte noi-loro, e così non siamo diversi da altri nostri concittadini che spesso vedono negli altri, nei diversi per colore della pelle, cultura, religione, un rischio per la loro sicurezza. Ma l’esempio di Gesù è indice del fatto che la religione è un fattore importante di unità tra le persone e non un fattore di divisione o peggio ancora di esclusione. E se Gesù ama intrattenersi in compagnia della gentaglia e degli esclusi, è perché egli è venuto per abbattere tutte le barriere che separano gli umani, per ri-formare il popolo di Dio in un solo popolo e in un solo gregge di cui egli stesso è il Buon Pastore.
Jean-Félix Kamba Nzolo