“Salutate Prisca e Aquila, miei collaboratori in Cristo Gesù, i quali hanno rischiato la vita per me; a loro non io soltanto sono grato, ma anche tutte le chiese delle nazioni. Salutate anche la chiesa che si riunisce in casa loro. Salutate il mio caro Epeneto, che è la primizia dell’Asia per Cristo. Salutate Maria, che si è molto affaticata per voi. Salutate Andronico e Giunia, miei parenti e compagni di prigionia, i quali si sono segnalati fra gli apostoli ed erano in Cristo già prima di me… Salutate Rufo, …Nereo e sua sorella”… (Romani 16, 3ss.)
In questi mesi strani trascorsi in sostanziale solitudine e per questo anche più ricchi di pensieri, di tempo, di ricordi, di riflessioni, mi è venuto in mente questo elenco di nomi, e di saluti alla fine della lettera di Paolo ai Romani. Una manciata di nomi, e quindi di persone, che hanno senso solo per lui, con cui l’apostolo ha lavorato, a cui è grato, che lo hanno ospitato nel suo ministero, che sono state e rimangono preziose per la sua vita. Persone che non hanno lasciato traccia di sé, se non per questi saluti.
Si tratta di persone che condividono il riferimento fondamentale della loro vita, Gesù Cristo e che per questo motivo si riconoscono, per questo si incontrano, e si chiamano “fratelli e sorelle”. E’ importante che Paolo li ricordi e che siano rimasti nella lettera che ci raggiunge, perché ci riguardano. Sono nostri fratelli, nostre sorelle in Cristo.
La Chiesa è anzitutto questo: una trama di esistenze, di persone che condividono una speranza, e per questo si incontrano e tengono uno alla vita dell’altro, dell’altra. Una trama che vive nella comunione di Cristo e composta dai credenti presenti e passati.
Mi piace così tanto questo aspetto, davvero unico, della Chiesa! Le persone non stanno insieme perché la pensano allo stesso modo, perché fanno lo stesso lavoro, perché si interessano delle stesse cose, perché hanno la stessa età o leggono gli stessi libri, o guardano gli stessi programmi: il bello della chiesa cristiana è di unire, grazie a Dio, persone diversissime che altrimenti probabilmente non si incontrerebbero mai. Uomini e donne, di ogni età e di ogni estrazione sociale, e bambine, bambini e ragazzi. Nella comunità cristiana ci sono persone che fanno fatica a mettere insieme il pranzo con la cena e persone che non hanno alcun problema economico, persone stanche e provate dagli anni e dalla vita, e persone piene di forza e di idee; persone che sbagliano, anche tanto, che faticano ad andare avanti e persone che non si lasciano mai andare… E’ una strana compagnia fatta di umanità così varie, di diversità così evidenti, di pensieri anche tanto lontani: persone sempre in ricerca e persone soddisfatte di quello che sono, persone che hanno tante domande, e persone che non hanno mai dubbi, persone che cambiano idea, si ribellano, piangono, ridono. Testoni e ostinati oppure aperti alle novità. Siamo noi. E ci unisce che in Cristo conosciamo l’amore di Dio e il suo perdono. Volti, storie, percorsi che però possono arricchire la vita di ognuno, possono entrare reciprocamente nel cuore e vien voglia di ricordarle in un saluto, o nella nostra preghiera, con gratitudine ed emozione. È così che mi è capitato di ricordare e di pensare in questi mesi alle centinaia di persone che le comunità in cui ho vissuto mi hanno regalato e con cui ho condiviso anni di vita, percorsi esistenziali, dichiarazioni di fede, e parole e pensieri e pianti e affetti che riempiono il mio spirito e di cui sono grata a Dio. Ogni tanto fermarsi fa bene perché ci possiamo ricordare reciprocamente in Colui che fa di noi una comunità cristiana.
Maria Bonafede