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Gesù guarisce un paralitico a Betesda

Sophie Langeneck

Condividiamo la predicazione della pastora valdese Sophie Langeneck sul testo biblico del Vangelo di Giovanni, capitolo 5, versetti 2-9 nel Tempio valdese di Torino per la Giornata Mondiale di Preghiera dell’8 marzo 2020.
Il culto è stato trasmesso in diretta Facebook: la registrazione completa è disponibile sulla pagina Facebook della Chiesa Valdese di Torino).

2Or a Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, c’è una vasca, chiamata in ebraico Betesda, che ha cinque portici. 3Sotto questi portici giaceva un gran numero d’infermi, di ciechi, di zoppi, di paralitici, i quali aspettavano l’agitarsi dell’acqua; 4perché un angelo scendeva nella vasca e metteva l’acqua in movimento; e il primo che vi scendeva dopo che l’acqua era stata agitata era guarito di qualunque malattia fosse colpito. 5Là c’era un uomo che da trentotto anni era infermo. 6Gesú, vedutolo che giaceva e sapendo che già da lungo tempo stava cosí, gli disse: «Vuoi guarire?» 7L’infermo gli rispose: «Signore, io non ho nessuno che, quando l’acqua è mossa, mi metta nella vasca, e mentre ci vengo io, un altro vi scende prima di me». 8Gesú gli disse: «Àlzati, prendi il tuo lettuccio, e cammina». 9In quell’istante quell’uomo fu guarito; e, preso il suo lettuccio, si mise a camminare.

Vangelo di Giovanni, capitolo 5, versetti 2-9

Care sorelle e cari fratelli,
care amiche e cari amici che partecipate a questo culto da casa, le sorelle dello Zimbabwe che hanno preparato questa liturgia per noi ci offrono la possibilità di riflettere sul concetto di guarigione.

“Vuoi tu guarire?”

Questa è la domanda che Gesù rivolge al paralitico che aspetta ardentemente la sua guarigione attraverso l’acqua miracolosa della vasca. Aspetta da tempo di scendere nella vasca, perché c’è un’ ostacolo grande tra lui e la vasca: la sua solitudine. È solo al mondo e non riesce a calarsi nella vasca d’acqua miracolosa.
L’altro giorno ho incontrato un ragazzo che ha preso il mio stesso pullman: lo ha dovuto prenotare perché, essendo in sedia a rotelle, il posto è uno solo. Alla fermata dopo la mia, il guidatore ha fermato il mezzo ed è sceso per farlo salire con l’elevatore, gli si è fatto incontro e lo ha chiamato per nome, spiegandogli come doveva posizionarsi per viaggiare in tutta sicurezza. Daniele aveva lo sguardo che brillava, ha esclamato: è la prima volta che prendo l’autobus, che mi sposto da solo.
La solitudine del paralitico non ha niente a che fare con l’autonomia e l’indipendenza negli occhi del mio compagno di viaggio. La solitudine del paralitico è profonda ed è una solitudine esistenziale che forse di questi tempi ci è anche un po’ più famigliare del solito.
Gesù non chiama il paralitico per nome, cosa che fa con altre persone in altri racconti, ma gli rivolge direttamente una domanda, la domanda essenziale per la vita del paralitico e forse la domanda essenziale per le nostre vite:

Vuoi tu guarire?

La risposta affermativa è spesso già il primo passo di una terapia, quella che può sembrare una domanda banale, infatti tutti vogliono guarire, è un atto fondamentale, se uno non vuole guarire potrà sempre raccontarsi, percepirsi e infine essere malato, per sempre.
Dietro tanta banalità c’è già un atto di cura da parte di Gesù, infatti il figlio di Dio non da’ per scontata la collaborazione alla guarigione da parte del malato, anche chi sta male deve fare la sua parte per guarire e questo può avvenire solo in un contesto in cui il paralitico scopre di non essere più solo, di non dover aspettare neppure un secondo per poter essere guarito, di non avere alcun ostacolo tra sé e la salvezza. L’ostacolo c’è, e non è il gradino ma la fonte della guarigione che è mal riposta.
Non sarà l’acqua a guarirlo ma la sua fede in Gesù Cristo.
Oggi parlando di guarigione non vogliamo parlare di COVID-19, vorremmo piuttosto riflettere sulla guarigione come azione trasformativa proprio a partire dall’esperienza di questi giorni di panico, di paura, di grande fatica, di isolamento e di solitudine di molti, non solo delle persone più anziane.

Vuoi guarire?

Dice Gesù anche a noi oggi, anche a noi che vorremmo essere i sani più a lungo possibile, anche a noi che abbiamo malattie croniche a cui ci siamo lentamente abituati, a noi che non abbiamo bisogni necessari, impellenti, urgenti, a noi che abbiamo paura, a noi che viviamo in uno stato di ansia per le nostre vite scombussolate, per le vite dei nostri cari, e di coloro che sono più fragili.
A noi Gesù dice: guarda alla fonte della guarigione, cerca la trasformazione, preparati, non sarà facile, dovrai cambiare prospettiva  per la tua vita, non starai più sdraiato, non potrai più dipendere dall’altro, non potrai più essere presente solo a te stesso perché alzandoti avrai una nuova prospettiva, quella che permette di vedere gli altri, di camminare in mezzo alla gente, di vivere con responsabilità, autonomia e determinazione.
La guarigione che può donare Gesù è la trasformazione delle nostre vite, la riconciliazione con la nostra fragilità,  con le nostre contraddizioni, con la nostra solitudine e il nostro bisogno di fare comunità, con le nostre paure e i nostri desideri.
Gesù chiede anche a noi se siamo disponibili a guarire, se possiamo immaginare come saranno le nostre vite una volta trasformate.
Al paralitico la vita è stata trasformata a tal punto da costringerlo a riconsiderare un nuovo punto di vista, quello verticale, e una nuova prospettiva, quella di coloro che possono camminare, che sono autonomi e responsabili.
In ogni situazione in cui ci sentiamo impossibilitati ad alzarci, in cui non vediamo nessuna via d’uscita, nessuna possibilità di cambiamento, Gesù ci dice che la trasformazione è possibile solo se la vogliamo e ne accettiamo le conseguenze.
La guarigione non è solo una trasformazione personale, ma anche una forza trasformatrice per chi ci sta intorno, per la comunità e per l’umanità intera.

Nella nostra comunità questo è il tempo di alzarsi e prendere il nostro lettuccio per camminare. Cosa ci manca in questo tempo di distanze e riserve per essere comunità? Cosa ci serve per poterci alzare tutti insieme e non lasciarci ostacolare dalle nostre paure e dai nostri pesi?
Vi chiedo di soffermarvi un momento a pensare di cosa ha veramente bisogno la nostra comunità per superare ogni ostacolo sulla via della trasformazione?!
Essere una comunità oggi appare più difficile che mai, ognuno a casa sua, ognuno con le sue paure e ansie eppure tutti insieme siamo coloro che possono alzarsi perché Gesù ci ha incontrati una volta e ci ha chiesto di guardare alla fonte della guarigione, alla fonte della salvezza, le cui barriere architettoniche sono già state abbattute, perché in Dio è custodita la nostra vita, nella salute e nella malattia, nella paura e nella follia, e in ogni tempo ci capiti di vivere.
In Cristo le nostre solitudini e le nostre individualità sono trasformate in possibilità di fare comunità, aldilà di ogni difficoltà.
Amen.

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